Lezioni di Letteratura 2024

29.01.24 - 27.05.24
IV Edizione

La Fondazione Musica per Roma e la Fondazione De Sanctis presentano la quarta edizione di Lezioni di Letteratura: otto incontri tenuti da scrittori e intellettuali che raccontano al pubblico i loro libri più cari dandone una personale interpretazione. Un'occasione unica per affrontare attraverso chiavi di lettura originali e attuali i grandi classici della letteratura mondiale e le opere contemporanee più dibattute, riscoprire capolavori, riflettere attraverso di essi sui grandi temi universali e renderli strumenti utili per comprendere il presente, ma soprattutto, per riviverli e riscoprirli filtrati dalla sensibilità e dalla voce di artisti contemporanei. Le lezioni sono rivolte al grande pubblico di appassionati e lettori e a tutti coloro che hanno il desiderio di conoscere e approfondire alcune tra le opere più celebri della mondanità, da Luciano Bianciardi a Svetlana Aleksievic passando per Giacomo Leopardi, Emily Brontë e Dante Alighieri.

 

RINNOVO ABBONAMENTI

  • Da martedì 05 Dicembre ore 16:00 a mercoledì 20 dicembre (incluso).

 

VENDITA NUOVI ABBONAMENTI E BIGLIETTI SINGOLE LEZIONI

  • Da martedì 05 dicembre ore 16:00

 

DOVE ACQUISTARE
Per il rinnovo degli abbonamenti:

  • Presso il botteghino dell’Auditorium Parco della Musica, in orario continuato 11:00 – 19:00.

Per la vendita dei nuovi abbonamenti e biglietti:

 

REGOLAMENTO

  • È possibile intestare un massimo di 2 abbonamenti a persona;
  • È possibile rinnovare per conto di altri abbonati, solo su delega, un massimo di 2 abbonamenti;

 

Il programma potrebbe subire variazioni

Costo abbonamento:  65,00 euro
Costo biglietti singola lezione: € 10,00 euro

 

PROGRAMMA

“L’importante è fare le scarpe al capufficio, al collega, a chi ti lavora accanto. Il metodo del successo consiste in larga misura nel sollevamento della polvere”. Francesco Piccolo racconta il più grande successo narrativo di Luciano Bianciardi, “La vita agra”, edito per la prima volta da La Scala, Rizzoli nel 1962. Nel 2022 Feltrinelli lo rende parte di una trilogia implicita in “Trilogia della rabbia: Il lavoro culturale, L’integrazione, La vita agra” di cui scrive la prefazione proprio Francesco Piccolo.

“La dimensione del tempo è andata in frantumi, non possiamo vivere o pensare se non spezzoni di tempo che s’allontanano ognuno lungo una sua traiettoria e subito spariscono”. Viola Ardone racconta “Se una notte d’inverno un viaggiatore” uno dei grandi successi narrativi di Italo Calvino edito per la prima volta da Einaudi nel 1979.

“Tutto era molto, molto triste, e leggendo mi capitava di sospirare, perché sembrava che la felicità fosse sparita del tutto dal mondo, per non farvi mai più ritorno”. Edoardo Albinati racconta il riconoscibile nonché unico romanzo di Emily Brontë, “Cime tempestose”; una storia di passioni estreme e solitudine ambientata nella brughiera inglese del primo Ottocento.

“Tempo di uccidere” di Ennio Flaiano e “L’ascaro (una storia anticoloniale)” di Hailu Ghebreyesus affrontano la storia del colonialismo e lo fanno da una prospettiva militare e maschile. Dietro ai proclami altisonanti e alle parole di civiltà, si nascondevano, nemmeno tanto celate, le mire di conquista e di prevaricazione.  Un punto di vista eurocentrico, violento e prevaricatore che ha portato tanta sofferenza nei territori conquistati. I romanzi di Ennio Flaiano e Hailu Ghebreyesus ci mostrano questa enorme sofferenza, ma mettendosi nel corpo non dell’oppresso ma di chi opprime. Personaggi però non di potere, ma meri ingranaggi del progetto coloniale. Sono due romanzi che pur partendo da una critica al coloniale, mostrano l’ambiguità dei personaggi in azione, le loro ripetute contraddizioni. Flaiano mostra un soldato anonimo, che durante l’invasione italiana dell’Etiopia degli anni Trenta, si macchia di uno stupro e di un omicidio di una donna locale. Dall’altra parte Hailu Ghebreyesus ci mostra un soldato eritreo al soldo degli italiani, in un’altra guerra coloniale italiana, quella del 1911 contro la Libia. Due libri imprescindibili che messi in dialogo daranno la misura di quanto dolore è stato compiuto.

“E il naufragar m’è dolce in questo mare”. Eraldo Affinati racconta, interpreta, spiega e commenta “L’infinito” di Giacomo Leopardi.

Aldo Cazzullo racconta l’archetipo e il paradigma della cultura italiana nel mondo, “La divina Commedia” di Dante Alighieri.

Opera conclusiva non perché ultima, ma perché riassuntiva di una ricerca letteraria lunga mezzo secolo, “Rinascimento privato”, con cui Maria Bellonci vinse postumo il Premio Strega 1986, è unanimemente considerato il suo capolavoro. «Un’opera pensata e si può dire vissuta per vent’anni», scrisse Geno Pampaloni, e a questi vent’anni vissuti dall’autrice in comunione di spirito con Isabella d’Este torna Stefano Petrocchi mostrando come in Bellonci ricerca storica, immaginazione narrativa e impronta autobiografica marciassero sempre insieme. Isabella in questo romanzo non è solo l’emblema di un’epoca tra le più contraddittorie della nostra storia, di declino politico e di splendore dell’arte, ma un autentico doppio della scrittrice.

Luigi Pirandello non nascose mai, anzi continuamente e pubblicamente ripropose una profonda insofferenza – umana, prima che letteraria – per il suo rivale in arte Gabriele d’Annunzio, al quale non risparmiò mai critiche tanto aspre da poter quasi essere considerate degli insulti. Tuttavia, a un certo punto della sua avventura di vita e di letteratura i toni aggressivi del Siciliano si attenuarono, andarono quasi diluendosi dentro una cordialità di forma che gli consentì perfino di curare la regia di un’opera teatrale del suo rivale abruzzese. La sotterranea, forse inconsciamente segreta e inconfessabile, ammirazione di Pirandello per d’Annunzio, nascosta dietro l’astio apparente, emerse d’improvviso quando Pirandello trovò nelle pagine dannunziane del Vangelo secondo l’Avversario (1924) perfino i motivi di ispirazione per vergare le ultime battute del suo più grande romanzo: Uno, nessuno e centomila (1926)…

“Dopo la guerra per tanto tempo ho avuto paura di guardare il cielo, di alzare la testa verso il cielo. E avevo paura di vedere la terra arata. Mentre sulla sua superficie già saltellavano tranquilli i corvi. Gli uccelli hanno dimenticato in fretta la guerra…”. Francesca Mannocchi racconta “La guerra non ha un volto di donna”. L’epopea delle donne sovietiche nella seconda guerra mondiale (2015) nato dalla penna di Svjatlana Aleksievič, premio Nobel per la letteratura lo stesso anno.

Singola lezione: 10€
Abbonamento: 65€

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