Fondazione Musica per Roma presenta
La riflessione su scienza e letteratura accompagna da lunghi anni il lavoro di Hans Magnus Enzensberger. È lui a sostenere che in una buona poesia, cosí come in una formula, il grado di concentrazione è molto alto: c'è una certa economia, che ha ridotto tutto all'essenziale. Ma c'è anche altro, in entrambi i casi: il fatto che né una poesia, né una formula, siano autoesplicative. Per intenderle bisogna possedere una chiave di interpretazione, che deve per forza essere linguistica. E il linguaggio procede per analogie, similitudini, metafore, immagini. Basta cercare l'etimologia dei termini scientifici, dietro ai quali si nascondono meravigliose metafore. Ma questo significa anche che la scienza ha un'enorme produttività poetica: lo sapeva bene Coleridge, che andava a lezione di chimica “per arricchire la propria riserva di metafore”. C'è una radice comune nella produttività del nostro cervello: una specie di grammatica universale, nel senso di Chomsky. E c'è anche una comune capacità di invenzione linguistica, che si manifesta al meglio nella poesia e nella matematica, che sono le più sviluppate e raffinate attività umane. Enzensberger ha inoltre dedicato gran parte del suo lavoro ai bambini e ai ragazzi. Autore del libro di matematica per bambini, Il mago dei numeri (Einaudi, 1997), in cui un diavoletto dai mille giochi di prestigio conduce Roberto, un ragazzino che odia la matematica perché insegnata male da un professore antipatico, alla scoperta del paese incantato dei numeri. E il mondo della matematica diventa fantasioso come una fiaba.
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