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Una produzione Fondazione Musica per Roma
Come fotografo di architettura conoscevo bene i limiti delle rappresentazioni bidimensionali di oggetti e forme spaziali e cominciai ponendomi il compito di costruire materialmente i poliedri e le forme composte che Escher aveva rappresentato nelle sue opere. Non disponevo tuttavia né dei mezzi tecnici né della pazienza per costruire quegli oggetti nei modi illustrati da Leonardo o da Escher e impiegati da Adriano Graziotti nelle strutture visibili nel Museo della Matematica a Roma, cioè con listelli di legno opportunamente tagliati ad angolo in corrispondenza dei vertici e dei punti di intersezione. Tale metodo di procedere presuppone la conoscenza “a priori” della forma che si vuole costruire e richiede molto lavoro tedioso di calcolo per la determinazione degli angoli di taglio. Abituato a risolvere problemi tecnici e meccanici non mi fu difficile individuare soluzioni alternative che a scapito di una leggera perdita in esattezza geometrica mi hanno permesso di sviluppare la mia ricerca lungo tre diverse direzioni. Ho potuto in primo luogo ampliare grandemente la scelta dei materiali, attingendo dalla vasta gamma di semilavorati industriali disponibili oggi per vari scopi, quali aste, fili, lamine, bande stampate o tubi di alluminio, ottone, ferro, acciaio, nylon, plexiglass etc. o anche di prodotti finiti quali matite da disegno, grucce appendiabiti, carte da gioco, maniglie di ferro, battipanni, metri da falegname, angolari e squadrette di ferro etc. In secondo luogo, per gli oggetti costruiti in metallo, ho potuto constatare come fosse possibile, in alcuni casi, sovrapporre alla struttura geometrica un circuito elettrico tridimensionale a bassa tensione, in grado di alimentare in parallelo piccole luci collocate nei vertici e nei punti nodali. Da ultimo, proprio grazie alle diverse soluzioni tecniche che avevo adottato, ho potuto espandere la forma di alcuni poliedri semplici in modi che non avrei mai potuto immaginare in astratto, generando strutture assai complesse. Ne è un esempio la grande struttura luminosa allestita nella cavea dell’Auditorium di Roma. Essa è composta da dodici moduli con la forma del Piccolo Dodecaedro Stellato (una stella a dodici punte) uniti secondo lo schema dell’icosaedro troncato, dove le dodici facce pentagonali sono sostituite da altrettante stelle a cinque punte presenti nei moduli. Essa possiede 72 vertici liberi, tre dei quali hanno funzione di appoggio mentre gli altri ospitano 69 lampade a bassa potenza, alimentate da un circuito elettrico esterno convenzionale. Forma e Luce si integrano reciprocamente, come nelle cupole di Bernardo Vittone.
Giorgio Jano