Il progetto mutua il nome da un grande disco del 1979, Sheik Yerbuti, nel quale - come suo solito - Zappa se la prendeva con buona parte del mercato pop di quegli anni. Zappa l'onnivoro, Zappa il dissacratore, Zappa il musicofilo-musicologo-musicante. Zappa che nel suo tritacarne ha fatto passare tutta la musica del secolo in cui è vissuto, dalla cosiddetta "classica" al jazz (di cui diceva "non è morto ma ha un odore ben strano") fino al rock dei suoi coetanei, con i loro divismi e le loro ambizioni messianiche. Bollani si rispecchia appieno nell’inventiva, nella curiosità, nell’ironia, nella creatività di quel modo (apparentemente) inimitabile di fare musica tipico del grande musicista, scomparso troppo presto e fino a oggi assai poco “frequentato” dai colleghi. Non c’è problema a fare confronti, semmai si tratta di gustare un progetto che non è imitazione, ma prosecuzione. Sorretto, oltre che dalla verve del pianista, da un piccolo, strepitoso manipolo di complici musicisti.