Sono nato clarinettista, cominciando a sette anni, e fino ai quattordici non sono stato proprio uno studente modello, poi dai sedici ho fatto della musica la mia vita… o forse la musica mi ha salvato la vita. Posso nominare come mio maestro Gaetano Zocconali, una figura controversa e non famosa ma che molti dei musicisti formatisi a Roma negli ultimi trent’anni conoscono bene. Inoltre Harry Sparnaay, l’inventore del clarinetto basso contemporaneo, cui devo moltissimo in termini di conoscenza, atteggiamento e crescita personale. Lawrence «Butch» Morris mi ha formato anche nell’approccio alla didattica, alla sfera della risolutezza del gesto, all’amore per il momento come soltanto un grande Maestro poteva fare. Con il sassofono sono una sorta di autodidatta: ho suonato molto e nei più vari àmbiti e ho imparato sbagliando spesso. Ho girato il mondo con la musica etnica, ho forzato i miei limiti con la musica contemporanea, ho manifestato il mio pensiero politico con il jazzcore, ho vissuto le esperienze più alte con l’improvvisazione ma rimango un jazzista.