Lectio Magistralis di Peter Sloterdijk

Giovedì 10 Maggio 2007
h. 19:00
Lectio Magistralis di Peter Sloterdijk

Fondazione Musica per Roma presenta

Promosso dal Comune di Roma Assessorato alle Politiche Culturali

Uno dei più interessanti filosofi tedeschi contemporanei, provocatorio e straordinariamente raffinato nelle sue analisi. La sua sarà una riflessione che parte dal suo fondamentale lavoro, Sfere: un’analisi consegnata in tre volumi (pubblicati in Germania nel 1998, 1999 e 2004) nella quale viene ricostruita la storia culturale e filosofica della globalizzazione, un tentativo di elaborare una visione generale della storia umana e della condizione moderna a partire da una teoria dello spazio interiore. Sloterdijk, nel rinnovamento del linguaggio filosofico che propone, intende per globalizzazione un processo molto più lungo e complesso della nostra cultura, di cui oggi non viviamo altro che la fase finale. Tutto ha avuto inizio con il mondo antico e con la sua idea di cosmo, quando cioè il cielo veniva considerato l’involucro più esterno di quella sfera che, come scriveva Aristotele, “tutto contiene e non viene contenuto da nulla”. Per Sloterdijk il tentativo della cultura antica di misurare questo cielo con il pensiero è il primo atto della globalizzazione, il primo tentativo di rappresentare la totalità di ciò che è. Sono quindi i cosmologi antichi, i maestri platonici e tardo ellenistici, i veri iniziatori di questo processo globale – i primi che hanno razionalizzato la struttura del mondo. E alla loro serietà concettuale si è poi sostituita la serietà morfologica attraverso le circumnavigazioni dell’età moderna, che segnano una tappa successiva del processo di autocoscienza del mondo. Con la modernità la Terra cessa di essere liscia, piatta e perfetta, e se ne scopre la sua sfericità: è allora che non sono più i metafisici, bensì i geografi e i navigatori coloro cui spetta il compito di fornire una corretta immagine del mondo. Con i viaggiatori moderni si ha quindi la vera e propria globalizzazione della sfera terracquea, con la quale ha inizio anche il mercato globale, lo scambio di merci e denaro: l’irruzione del capitale nel mondo. Si giunge infine ai giorni nostri, alla terza fase del processo che vede l’installazione di un’atmosfera elettronica e di un ambiente satellitare nell’orbita della Terra. Da qui la questione principale: qual è lo spazio proprio dell’epoca in cui viviamo? Cosa ne è della soggettività e dell’esistenza umana nel nuovo ambiente globale? Sloterdijk disegna una topografia del mondo contemporaneo sulla spazialità e sui rapporti dimensionali delle forme biopolitiche, indicando uno spazio che, solo, compenetra ogni essere – quello che, parafrasando Rilke, chiama “spazio interno mondano” prodotto dal capitale. Uno spazio che però è una “serra globale”, confortevole e capace di distribuire benessere, ma che ha risucchiato tutto ciò che prima era esterno innalzando confini invisibili ma insormontabili dal di fuori. Questa “serra” diventa così duplice e ambigua, perché se da un lato è l’ambiente climatico della nostra epoca, dall’altro si configura come immenso spazio di esclusione: una Babilonia orizzontale, nella quale la sfera terrestre non ha più la sua dimensione ed è diventata una rete di punti, di intersezioni e linee – linee che, dopo essersene andate, ritornano al loro punto di partenza legate da vincoli forti e indissolubili. Sloterdijk ci consegna in definitiva un vero e proprio trattato filosofico, restituendo al filosofare un’oggettività con propri diritti e con un suo specifico oggetto. E lo fa riprendendo il tema della grande narrazione, la sola forma per impossessarsi con gli strumenti del filosofo della complessità del mondo – convinto che la globalizzazione sia l’unico pezzo di tempo dell’umanità che merita di esser chiamato, in un senso filosoficamente rilevante, “storia” o “storia universale”!