Basterebbero solo i nomi e le collocazioni di alcune fra le più importanti gallerie a Roma a farci riflettere sulla loro origine.
Le Galleria Borghese, Colonna, Barberini, Doria Pamphilj, passate allo Stato italiano o ancora private, ricordano ancora oggi la loro origine già dalla denominazione: sono le collezioni fidecommissarie, costruite nel Seicento da personaggi appartenenti all’aristocrazia, conservate dalle famiglie grazie al fidecommisso, uno strumento giuridico che ne impediva la dispersione e l’allontanamento dal luogo originario, e in quanto tali hanno mantenuto, nel corso dei secoli, gran parte della loro iniziale consistenza.
Riflettono ancora, nell’allestimento a “incrostazione” come quello della Doria Pamphilj e della Colonna, il gusto per coprire le pareti completamente coi quadri, diffuso nel Seicento e così definito da Vincenzo Giustiniani, il celebre collezionista, mecenate e scrittore d’arte che registra, all’aprirsi del secolo, la nuova moda.
Questo intervento, oltre ad offrire un panorama del gusto dei cardinali nipoti, cioè di quei principi della chiesa appartenenti alla famiglia del pontefice regnante e che in virtù di questa loro posizione erano senz’altro avvantaggiati nel procurarsi dei capolavori, illuminerà la figura di Pietro Aldobrandini, le cui collezioni furono divise fra i Borghese e i Pamphilj e ancora oggi caratterizzano, malgrado alcune importanti alienazioni, l’aspetto di queste raccolte.