Fondazione Musica per Roma presenta
Ieri testo di Agota Kristof
Qui si racconta quello che per Camus era la condizione dell’esiliato (migrante o profugo) “avere una memoria che non serve più a nulla”, un altro lascito che la Modernità ha dovuto donare al mondo, lo sradicamento, la perdita delle proprie radici. E’ il racconto,
sempre lucido e crudo, di un immigrato che cerca nella terra che lo ospita (una Svizzera grigia e opprimente che potrebbe essere qualsiasi “occidente”) una traccia per rifarsi una memoria. Immagina di riconoscere in un volto una persona amata, forse ancora da amare ma, come già accadeva nella “Trilogia della città di K”, della stessa Kristof, i volti non corrispondono mai alla labilità della memoria, i tempi non coincidono, gli accadimenti si sovrappongono. Così che lo spaesamento del protagonista, la sua condizione di estraneità, si trasmette dolorosamente anche al lettore e all’ascoltatore, che resta solo di fronte all'imprendibilità delle vicende umane, stranieri anche noi rispetto ad una vita che non si lascia ordinare in un percorso leggibile. Le musiche di Coscia e Trovesi aprono interstizi paralleli, altri universi sonori che traversano i confini, che rubano sonorità e le mescolano in uno spazio autonomo, senza seguire la testualità del racconto ma spezzandolo e distanziandolo senza mai ricomporlo in una complicità.