Nell’ormai lontano 1906, Giovanni Papini ne Il tragico quotidiano scriveva: “Vedere il mondo comune in modo non comune: ecco il vero sogno della fantasia”. Ed è questo quello che fa Iginio De Luca con la sua istallazione sonora per il Sound Corner: prende un’esecuzione dell’Inno Nazionale (nello specifico quella diretta da Daniel Harding per il Concerto di Capodanno 2010 a La Fenice di Venezia) e la dilata talmente tanto da farla diventare irriconoscibile, trasformandola in qualcosa d’altro. Con questa semplice operazione l’artista ci costringe a puntare non gli occhi ma le orecchie su qualcosa che conosciamo talmente bene (e abbiamo udito talmente tante volte!) da non aver mai ascoltato veramente. “Fratelli d’Italia” si trasforma così da incalzante marcetta in una tragica e larghissima pista sonora dolente e tragica. E qui le interpretazioni e le possibili letture diventano molteplici. L’audio, paradossalmente, acquista una potenza visiva e immaginifica inaspettata. Percepiamo perfettamente il lento procedere… di un popolo? di un’idea? Suoni che provengono dall’oltretomba sembrano emergere con estrema fatica da una palude fangosa. È quasi impossibile ritrovare il ritmo originario. Lo stesso concetto lo si rintraccia nel titolo Iailat che non è altro se non l’anagramma di Italia: gli elementi che compongono la parola - così come il brano musicale - ci sono tutti ma sono disposti (o distorti) in modo tale da risultare indecifrabili. Ci chiediamo: è ancora possibile un’unità? (d’Italia?)