Grigory Sokolov pianoforte
Schubert 4 Improvvisi op. 90 D 899
Beethoven Drei Klavierstücke D 946
A soli 16 anni stravinse il prestigioso Primo Premio al Concorso Čaikovskij di Mosca. Oggi, a 63 anni, c'è chi lo paragona addirittura al mitico Sviatoslav Richter, russo come lui. Grigory Sokolov, per fortuna ospite frequente dei concerti di Santa Cecilia, ha infatti non poco in comune con il suo grande predecessore, come ad esempio la consuetudine di suonare al buio, con un'unica piccola fonte luminosa accanto al pianoforte. E la predilezione per Schubert e Beethoven. E' nella Vienna di quegli anni, quelli cioè in cui erano entrambi attivi i due più amati compositori mitteleuropei del primo ?800, che lo strumento a tastiera per eccellenza, il pianoforte, acquista via via una fisionomia propria prendendo definitivamente le distanze dal suo progenitore settecentesco, il clavicembalo. Si chiama ancora "fortepiano", e ha una tastiera a martelli, che è poi la corretta traduzione italiana di quel "Hammerklavier" per il quale Beethoven compose la monumentale Sonata n.29, opera di magistrale complessità e profondissima indagine psicologica, preceduta, nel programma scelto da Sokolov per questo suo recital romano, dalla pura poesia degli Improvvisi op.90 e dei Tre Pezzi per pianoforte D 946 di Schubert.