Una produzione Fondazione Musica per Roma
Scrivere viene facile solo quando si è ubriachi, salvo poi pentirsi il giorno dopo di quel che si è scritto. Si può partire così, da questo avvertimento, per percorrere la strada che porta alla scrittura secondo Gianrico Carofiglio. Basterebbe guardare i dati sulla lettura in Italia per dissuadere chiunque dal prendere la penna in mano, eppure sono più gli scrittori col romanzo nel cassetto che i lettori col libro sul comodino. E sembra allora naturale stendere un decalogo al contrario: ecco cosa non si deve fare se si vuole scrivere, ecco come non diventare scrittori. Non dimenticate la punteggiatura a meno che non siate Bolaño, non dimenticate la storia a meno che non siate Joyce, attenzione all’uso indiscriminato dei punti esclamativi. Scrivere non è facile e non è divertente. Quando sembra che sia così, significa che qualcosa non funziona. Perché l’ispirazione capita di rado, come una “benedizione”, e scrivere “significa trovare la parola giusta e dire la verità, ed è una cosa che costa fatica e sofferenza”. Scrivere è difficilissimo, confessa Carofiglio, e forse è giusto che sia così.