Non amiamo celebrare gli anniversari, ma non è stato possibile ignorare la ricorrenza del 100° anniversario dalla morte di Claude Debussy.
La musica di Debussy ha attraversato la nostra giovinezza: a lei sono legati ricordi bellissimi di concerti meravigliosi – davvero indimenticabile quello di Benedetti Michelangeli in Sala Nervi, nel 1987, intensi pomeriggi di studio, lezioni e poi concerti… Emozioni enormi che chiunque abbia suonato o anche semplicemente ascoltato, questa musica avvincente può riconoscere come proprie. Avvincente, perché proprio ti conquista da subito. Ascoltare Debussy la prima volta è come un colpo di fulmine, non ci sono parole per spiegare, solo arrendersi all’evidenza…
Ma non volevo ricordare Claude Debussy (e tutto quello che la sua musica ha rappresentato nella storia dell’umanità ma più semplicemente per me) come generalmente si fà con la solita maratona di brani in concerti monografici che annichiliscono l’ascoltatore: mi piaceva dischiudere una finestra su Debussy persona, ragazzo, giovane adolescente, uomo maturo. Single impenitente, amante e poi tardivamente marito, padre affettuoso di un’unica figlia adorata. Amico di grandi artisti pittori, poeti, musicisti che con lui lavorarono, con esiti artistici di straordinaria bellezza. Musicista idolatrato ma anche criticato. Carattere difficile e sprezzante, ma anche amico e collega leale ed affettuoso. Per arrivare a questo quadro un lungo lavoro di ricerca sulla biografia, e soprattutto sulle lettere. Preziosa ed emozionante è stata la lettura del bellissimo epistolario “I bemolli sono blu” a cura di Françoise Lesure.
Ringrazio di cuore Filippo Timi per aver tradotto, come solo lui sa fare, in vita vissuta e emozioni profonde, pensieri e parole di un uomo vissuto più di cent’anni fa, e Giuseppe Albanese per suonare davvero così tanto bene la musica di questo affascinante e misterioso musicista.
Grazie Claude.
Teresa Azzaro