“Algarabía” in spagnolo indica un chiacchiericcio confuso, risultato del parlare all'unisono di varie persone; proviene dall'arabo al'arabiya e significava “lingua arabica” ed anche “parlare a voce alta, gridare”. Per estensione, può essere utilizzato per “festa” o “allegria”. Ci piace pensare che l'Arte degli incontri sia nata anche nella storia con l'occupazione araba della Spagna meridionale: ebbe inizio una “nuova era” che riguardava tutti i campi della scienza, della cultura e dell’arte. In “Algarabía” si ripercorrono quelle vie, rivivendo i momenti in cui, anche grazie alla musica e la danza, il sud della Spagna, al-Ándalus, divenne esempio unico di tolleranza, scambio e convivenza tra musulmani, ebrei, cristiani e gitani, nella coesistenza di culture, religioni e lingue. Flamenco, danza mediorientale, danza duende: tre stili di danza, diversi stili musicali, la stessa matrice. “Algarabía” prende spunto ed energia dalla fusione di elementi comuni del flamenco, della musica araba magrebina, sefardita e gipsy attraverso la ricerca e la riqualificazione del patrimonio musicale del periodo di al-Ándalus, proponendo una rilettura in chiave moderna. Suoni, musiche e danze uniti nella rappresentazione dell’incontro di identità e tradizioni differenti. Una pièce di nove musicisti e quindici danzatrici per rappresentare il fascino della molteplicità culturale depositata nel bacino del Mediterraneo.