Marie-Antoinette è una donna vietnamita arrivata in Francia nel 1954. Sull’insegna del suo ristorante ha scritto ‘SAIGON’. È il nome di ben 979 ristoranti nel paese ma anche quello della sua terra d’origine. Qui si viene per parlare vietnamita o per cantare canzoni che piangono amori perduti e dimenticati in patria. Nel ristorante ci sono fiori artificiali e luci al neon, l’altare per gli antenati e una raffigurazione della Vergine Maria appesa a un muro.
È in questo luogo che ci porta Caroline Guiela Nguyen, acclamata regista della scena francese insieme alla sua compagnia les Hommes Approximatifs. 11 attori in scena (francesi, francesi di origine vietnamita e vietnamiti) incarnano le voci di uomini e donne segnati dalla storia e dalla geografia. Ogni incontro è utile a condividere paesaggi, volti, canzoni e lingue che non esistono più da nessuna parte se non nella loro memoria e nel luogo che hanno costruito per renderla viva.
Perché Saigon indaga con poesia e delicatezza l’identità post-coloniale, quando le proprie radici divengono un ricordo lontano incarnato in un ristorante etnico, sospeso tra la Francia di oggi e la Saigon degli anni ’50, e per sempre scollato dalla realtà.