Fondazione Musica per Roma presenta
Prima Assoluta
Un racconto di cento minuti. Ascanio è da solo in uno spazio di due metri per due. Un fondale con alcune immagini, ritagli di giornali e manifesti di uno spettacolo.
Un palco di metallo che è anche un piccolo prato artificiale sul quale va in scena la prova per un discorso. Un banchetto rosso tra palco verde e fondale bianco. Due musiche accompagnano la narrazione, un brano surf e una variazione di Chopin su un’aria di Bellini. Cinque personaggi. Un narratore-personaggio che parla in prima persona. Con lui ci sono due padri, uno di sangue e uno ideale. Accanto si muovono due abitanti della prigione che è il luogo dell’azione. Sono un secondino detto l’intoccabile, padrone concreto della vita del carcere, e un immigrato africano che dorme cinque minuti ogni ora.
“chi ruba una mela finisce in galera anche se molti pensano che rubare una mela è un reato da poco. e chi ruba due mele? chi ne ruba cento? quando il furto della mela diventa un reato? c’è un limite? c’entra con la qualità della mela? la legge è uguale per tutti e i giudici non si mettono a contare le mele. la statua della giustizia davanti al tribunale ha una bilancia in mano, ma entrambi i piatti sono vuoti. non è una bilancia per pesare la frutta”.
Sono le parole di un detenuto che sta scrivendo il discorso. Un discorso importante nel quale cerca di rimettere insieme i pezzi della propria storia, ma anche di una formazione politica avvenuta in cella attraverso i tre libri che l'istituzione carceraria gli permette di consultare. Chiede aiuto a Mazzini. Un Mazzini silenzioso e sconfitto.
quand’è che l'avete capito che era finita, mazzini?
quando finisce la rivoluzione?
finisce a roma nel ’49 con la fine della repubblica?
o con le insurrezioni degli anni ’50?
con le impiccagioni e le fucilazioni di belfiore che faranno guadagnare a francesco giuseppe il soprannome dell’impiccatore?
con l’insurrezione di milano del ’53?
qualche migliaio di uomini che assaltano caserme e posti di guardia e sperano nella diserzione dei soldati ungheresi che invece non ci pensano proprio.
alla fine vengono giustiziati in 16.
quella volta marx scrisse che la rivoluzione è come la poesia, non si fa su commissione.
quando è che avete pensato "siamo sconfitti", mazzini?