Una produzione Fondazione Musica per Roma
Attore, regista, narratore, scrittore, antropologo: di Celestini si è scritto molto e stringerlo in un genere farebbe torto alla complessità della sua ricerca. Rivelatosi nel solco del teatro di narrazione civile, mette al centro del suo lavoro l’oralità, la parola che si fa immagine. Il palcoscenico è solo una possibilità per evocare un sistema di significati, possibilità che ricerca anche nella narrazione, negli spettacoli – mai scritti per la scena – che diventano libri, nei libri che diventano film, nelle idee che diventano scatole, contenitori, per altre idee. La Resistenza, il lavoro, il manicomio, sono i nodi intorno a cui la sua attenzione si è concentrata in questi anni. La storia, ma anche la parola - che sia scritta, detta o recitata -, sono un mezzo per evocare un immaginario; la ricerca intorno a un tema, l’ascolto come cellula e ossatura del racconto, la ripetizione e la circolarità della tessitura, il linguaggio quotidiano che parla a tutti, il piccolo e il semplice che diventano grande e appartengono a ognuno: questi sono gli elementi che ritornano nei lavori di Celestini e che trovano una loro epifania nella raccolta Io cammino in fila indiana. "Racconticerino", come li chiama lui, è una raccolta di filastrocche politiche sull’oggi, arrabbiate e malinconiche, dove il linguaggio è costretto dalla brevità e dalla forma che folgora tutto un universo di temi, accostamenti e letture.