Fondazione Musica per Roma presenta
Promosso dal Comune di Roma Assessorato alle Politiche Culturali
Conosciamo la follia in due accezioni: come il contrario della ragione e come ciò che precede la stessa distinzione tra ragione e follia. Nella prima accezione la follia ci è nota: essa nasce dalle procedure di esclusione che scaturiscono da quel sistema di regole in cui la ragione consiste. Dove c’è regola, c’è deroga, e la storia della follia, raccontata dalla psichiatria e dalla sociologia, è la storia di queste deroghe. Ma c’è una follia che non è deroga, per la semplice ragione che vien prima delle regole e delle deroghe; di essa non c’è sapere perché ogni sapere appartiene all’ordine della ragione che può mettere in scena il suo discorso tranquillo solo quando la violenza è stata cacciata dalla scena, quando la parola è data alla soluzione del conflitto, non alla sua esplosione, alla sua minaccia. Il luogo di questa minaccia è da rintracciare là dove la coscienza umana si è emancipata da quella condizione animale o divina che l’umanità ha sempre avvertito come suo sfondo, e da cui, pur sapendosi in qualche modo uscita, ancora si difende temendone la sempre possibile irruzione. A conoscere questa follia non è la psicologia, la psichiatria o la psicoanalisi, ma la filosofia che, nell’edificare il cosmo della ragione, il solo che gli uomini possono abitare, sa da quale fondo l’ha liberato e perciò non chiude l’abisso del caos, non ignora la terribile apertura verso la fonte opaca e buia che chiama in causa il fondamento stesso della razionalità, perché sa che è da quel mondo che vengono le parole che poi la ragione ordina in maniera non oracolare e non enigmatica. Sembra infatti che ogni parola che la ragione, nel corso della sua storia, pronuncia, non sia possibile se non liberando ad ogni istante l’antica follia.