Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Codice. Idee per la Cultura presenta
La parola, è a prescindere da quello che pronunciamo, da quello che pensiamo. È frequenza, onda che, attraverso il suo “pensiero”, captiamo o dovremmo captare; spesso le antenne non sono alzate, il segnale non lo riceviamo, continuiamo a credere di parlare dire scrivere, noi. Non siamo noi a creare ma è lei, la parola col suo pensiero, a chiederci di portarla, usarla, cantarla, disegnarla, scolpirla, con la potenza che essa emana, con l’energia che spande, anche se noi non la sentiamo, non la avvertiamo. E allora crediamo di essere noi autori gli scrittori, ma siamo solo scritturati autorizzati, ma siamo solo sherpa, che comunque la montagna cominciano a scalarla, il posto imparano a conoscerlo e a condurre tanti su quei sentieri infiniti, inspiegabili, inauditi. È g ià un bellissimo privilegio, una grande risorsa, un immenso piacere dovere diritto: quindi non è né diminutivo né dispregiativo (forse relativo) “scrivere” o “parlare”, anche solo da autorizzati. È la coscienza dell’incoscienza, la consapevolezza dell’altra arte che crea: è inutile quindi lasciare all’ego, all’io e a tanto altro, la convinzione di essere padroni in casa d’altri. Co-scienza, lumine-scienza, escre-scienza: mistero, gnoto-ignoto segreto secreto.